Sharing economy e crowdfunding: mettersi insieme per guardare al futuro

Sharing economy e crowdfunding: mettersi insieme per guardare al futuro

22 Dicembre 2022

L’economia della condivisione cresce sempre di più a livello globale. Ricostruiamo l’anatomia di questo fenomeno, da cui ha origine anche il crowdfunding immobiliare.

Come piattaforma di crowdfunding immobiliare, noi di Invest-t crediamo molto nel potere del gruppo, nella possibilità che il finanziamento partecipativo crei dei legami che trascendano quelli di un singolo affare per arrivare a costruire delle relazioni durature e stabili tra imprenditori.

Sebbene sarebbe bello poterci arrogare questi principi come nostra sola prerogativa e come una esclusiva invenzione di cui rivendicare la paternità, in realtà Invest-t, come tutte le altre piattaforme che operano in questo e altri settori, siamo figli ed eredi della sharing economy, un nuovo modo di fare economia che negli ultimi anni sta conquistando amplissime fette di mercato.

Da Airbnb a Uber, passando per TaskRabbit, nel mondo dell’economia ci si mette sempre più in comune per condividere beni, competenze, tempo e anche denaro. Quando la raccolta del denaro è finalizzata a un investimento immobiliare, ecco che abbiamo il crowdfunding immobiliare.

Ma, come abbiamo iniziato ad intuire, la sharing economy abbraccia una comunità ben più grande di persone e di esperienze: c’è la signora del Connecticut che mette a disposizione la sua competenza come realizzatrice della migliore torta di mele dello Stato, accanto al musicista bretone che raccoglie finanziamenti per promuovere il suo album di musica celtica, fino all’autista emiratense che porta i turisti con la sua vettura a vedere il Burj Khalifa.

È un fenomeno immenso quello della sharing economy e che ha tantissime etichette diverse.

Proviamo a circoscriverlo.

Una prima definizione di sharing economy

La sharing economy è una specie di creatura multiforme, di cui è difficile ricostruire una definizione complessiva ed unitaria.

Quella più risalente nel tempo è contenuta nel libro del 2010 “What’s mine is yours, The rise of collaborative consumption” di Rachel Botsman e Roo Rogers.

Ma facciamo un passo indietro, all’etimologia stessa della parola.

Il termine sharing economy deriva dal verbo inglese, to share, che significa appunto condividere: per questo, parliamo di un’economia la cui caratteristica fondamentale è appunto quella della condivisione tra persone.

Dov’è la novità allora? In cosa sarebbe diversa la sharing economy da ogni singolo rapporto economico che, necessariamente, presuppone un rapporto tra esseri umani?

La particolarità della sharing economy sta nella tipologia di questo rapporto: una relazione di tipo orizzontale, cioè tra pari. Infatti, la sharing economy viene anche definita peer-to-peer economy, letteralmente appunto economia da pari a pari. La sharing economy viene anche chiamata collaborative economy (economia collaborativa) o collaborative consumption (consumo collaborativo).

Il primo esempio accreditato di sharing economy può essere rappresentato dalla piattaforma di aste online eBay, fondata nel 1995 e fusa con PayPal nel 2002.

Pur avendo diversi esempi della sharing economy, ci manca ancora una sua definizione unitaria. Wikipedia in questo sembra aiutarci, definendo la sharing economy come un modello peer to peer facilitato dall’informatica per la condivisione commerciale e non commerciale di beni sottoutilizzati e capacità di servizio attraverso un intermediario senza trasferimento di proprietà.

All’interno poi di questo grande insieme, troviamo diversi tipi di specificazioni della sharing economy: lo sharing in senso stretto, con la condivisione quindi di beni e competenze; il baltering, ossia il baratto di beni fisici o immateriali tra diversi soggetti; il making, che allude a tutte quelle esperienze di condivisione che hanno come base la realizzazione fai-da-te di un qualche tipo di bene o utilità; e infine, il crowding, la chiamata rivolta verso la folla, il crowd, o per raccogliere finanziamenti in denaro (crowdfunding), o anche idee e suggerimenti (crowdsourcing).

Ora che abbiamo riassunto un po’ cosa sia, addentriamoci meglio nel significato della sua definizione per capire come siano legate insieme sharing economy e crowdfunding.

La regola d’oro della sharing economy

Il pilastro cardine della sharing economy, quello da cui nasce poi tutto il resto, è molto semplice: dentro di noi e dentro le nostre case, abbiamo già tutto quello che ci serve per guadagnare o risparmiare, per fare bene all’ambiente e per sentirci anche un po’ meno soli.

In sintesi, nell’economia della condivisione, si promuove lo sfruttamento a pieno delle risorse mettendo in contatto le persone per affittare, condividere, scambiare, vendere beni, competenze, tempo, denaro e spazio, promuovendo nuovi stili di vita che prediligono risparmio, ridistribuzione del denaro e socializzazione.

Pensiamo a qualcosa di molto comune e quotidiano come la nostra automobile. È stato calcolato che il concreto uso da parte nostra di questo importantissimo bene è pari all’8%. Per il resto del tempo questo bene resta fermo e inutilizzato, praticamente inutile.

Ecco, con la sharing economy, questo bene viene invece condiviso per esempio con un vicino di casa, o con un estraneo, o con qualcuno che ne abbia bisogno in quel dato momento, senza che sia necessario un trasferimento di proprietà, ma ottimizzando invece l’utilizzo di una risorsa già esistente.

L’economia della condivisione è esattamente questo, l’opposto del concetto di proprietà. Non a caso nasce in un’epoca, quella attuale, che è di maggiore flessibilità rispetto a quella dei nostri nonni e genitori, maggiormente legati al concetto di possesso di un bene e di suo utilizzo esclusivo.

Questo cambio di prospettiva è stato reso possibile dalla presenza delle piattaforme informatiche, come quella di Invest-t nel campo del crowdfunding immobiliare, che svolgono la funzione di intermediarie e velocizzano i processi di contatto tra i vari soggetti.

Inutile dire che questo processo, già innescato dalla velocissima informatizzazione della nostra società, è stato ulteriormente esacerbato dalla pandemia globale che ha fatto ripensare al modo di condurre le relazioni sociali, spingendo ancora oltre il ruolo dell’informatica nelle nostre vite.

Le colonne portanti della sharing economy

Chiarito e circoscritto il significato dell’espressione sharing economy, possiamo adesso meglio comprendere quali sono i suoi principi fondamentali.

Abbiamo già visto che la sharing economy non può prescindere da un supporto informatico digitale, assolutamente vitale per improntare le relazioni in questa modalità.

E abbiamo già visto che il cuore della sharing economy risiede nel rapporto tra pari, nell’assenza di una struttura verticista e nel fine di sfruttare appieno le risorse.

Andando ancora oltre, la sharing economy si basa principalmente sull’assunto per cui l’accesso sia preferibile alla proprietà. Si effettuano cioè delle spese che rientrano nella propria disponibilità senza effettuare investimenti a lungo termine al di sopra delle nostre possibilità, pur di garantirsi la proprietà esclusiva di un bene, che era invece il fine ultimo dell’agire economico di un nostro genitore o nonno.

L’economista Steve Denning ha spiegato bene questa preferenza, prefigurando una sorta di mancanza di interesse nella proprietà: secondo lui, infatti, internet ha creato una rete social di persone giovani a cui non interessa acquisire o possedere delle proprietà private, ma che preferiscono avere la soddisfazione di avere accesso alle cose e di interagire con altre persone nel processo.

Se riportiamo il ragionamento sul crowdfunding immobiliare e sulla nostra piattaforma Invest-t, comprendiamo bene quanto siamo nei canoni pieni della sharing economy. Con il crowdfunding immobiliare, infatti, tanti piccoli investitori contribuiscono alla realizzazione di un progetto immobiliare, entrando in contatto tra di loro, stabilendo delle relazioni più o meno longeve e impegnandosi per un investimento a breve termine.

Nessuno di questi investitori acquisirà la proprietà esclusiva del bene, ma si saranno impegnati per un fine comune e saranno ripagati del loro sforzo, oltre che con il ritorno economico del loro investimento, anche con la rete sociale di cui sono entrati a far parte.

Il secondo principio a cui si ispira la sharing economy è quello per cui la condivisione online dei dati relativi ad un determinato bene ne aumenta il valore, favorendo l’innovazione.

Internet è la vetrina più grande del globo: quando condividiamo qualcosa via social o per altra via informatica, migliaia di persone nello stesso momento vengono a conoscenza della sua esistenza, comprendendone il valore e contribuendo al fatto che quel bene, quella competenza, quella qualità siano ricercate, acquisendo maggiore appetibilità e aprendosi potenzialmente a dei cambiamenti in senso migliorativo.

Se ancora una volta torniamo al nostro lavoro nella piattaforma di crowdfunding immobiliare Invest-t, possiamo enumerare tantissimi casi in cui, tramite la raccolta di denaro proveniente da tanti piccoli investitori, progetti che erano rimasti nei cassetti per anni hanno avuto l’occasione di essere rivalutati e riapprezzati, diventando nuovamente servibili.

Il terzo principio cardine della sharing economy è quello per cui un pericolo sconosciuto può essere superato: questo grazie alla fiducia nella piattaforma e nel rapporto peer-to-peer.

Come piattaforma di crowdfunding immobiliare, siamo particolarmente attenti al tema della fiducia, un valore importante che vogliamo difendere a tutti i costi.

Non c’è niente di più prezioso all’interno di sharing economy e crowdfunding della fiducia reciproca e, proprio per questo motivo, abbiamo ideato il metodo zero sorprese, così da poter garantire ai nostri investitori che i loro risparmi siano al sicuro e che i loro investimenti godano della maggiore trasparenza possibile.

Sharing economy e crowdfunding: l’importanza di condividere per guardare al futuro

Abbiamo fatto un lungo viaggio che ci ha portato in ogni parte di questo mondo economico ormai sempre più connesso.

Ma manca di farci un’ultima domanda: ma perché è così importante la sharing economy?

È importante per i cambiamenti positivi che imprime alla nostra società, prima di tutto da un punto di vista economico: con la sharing economy nasce il microimprenditore, meno vincolato a forme esclusive di guadagno, ma viceversa più flessibile, meno soggetto a orari e più padrone del proprio tempo.

CI sono poi i benefici che la sharing economy porta all’ambiente, promuovendo uno stile di vita basato sulla sostenibilità e sul riutilizzo delle risorse.

Ma la sharing economy è soprattutto importante per il cambiamento di prospettiva che imprime alle nostre relazioni sociali, al modo che abbiamo di legarci gli uni agli altri.

Arun Sundararajan, teorico dell’espressione crowdfunded capitalism, l’idea cioè di un capitalismo basato sulle folle e su un’imprenditoria distribuita tra la popolazione, ha racchiuso tutto il senso di questa prospettiva in questa frase:

“Il futuro di mia figlia, che ora ha dodici anni, probabilmente sarà molto diverso dal mio presente. Quando avrà venti o trent’anni, forse avrà ancora una casa sua, ma nelle città ci saranno più spazi abitativi condivisi. Quello che è certo è che sarà meno sola: la sharing economy è difatti la prima tecnologia che consente di connettersi realmente con le altre persone”.


Ti lasciamo con questa riflessione che si allaccia bene al lavoro che facciamo con Invest-t!

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